Ho trovato Detective
Selvaggi in una libreria d’usato nel centro di Roma. Mi aspettava, chissà
da quanto, nascosto sotto una pila di romanzi ingialliti. L’ho letto in due
settimane, nonostante la mole del libro e i miei impegni di lavoro,
ubriacandomi di quella scrittura febbrile e dolorosa. Bolaño rovescia le parole
sulla pagina come se avesse un’urgenza interna che il lettore (e forse lo
scrittore stesso) non riesce mai a sviscerare appieno. Il risultato è un mistero
latente che aleggia in tutto il romanzo, una sorta di inespresso, un “non so
che”, un’ansia che non riesce a sfogarsi ma che tutti noi abbiamo provato almeno
una volta nella nostra vita.