mercoledì 28 dicembre 2011

L’insostenibile leggerezza del natale

Alcuni mi hanno detto che era la lasagna vegetariana, altri i fritti di tradizione familiare, altri la nuova riforma: sta di fatto che questo natale è stato caratterizzato da una perenne pancia gonfia, dagli occhi tristi di un cane anziano e dalle chiacchiere di fronte a un camino. Un po’ come tutti gli altri, di natali. C’era chi tornava da immigrato a cittadino italiano, da parente in giro per l’Europa a criticone dei mali italiani, c’era chi era sempre rimasto in Italia, chi se ne voleva andare, e chi se ne faceva una ragione.  
La sera rotolavo nel letto e non riuscivo a prendere sonno. La pancia brontolava e mi immaginavo broccoli che si torcevano insieme a lasagne e torroni. Nel dormiveglia ho sognato di essere un babbonatale blu che inseguiva gli indiani. Ho ripassato tutte le barzellette che mi avevano insegnato durante il cenone, tutti i regali che avevo ricevuto, tutte le frasi fatte che avevo detto durante la vigilia. Ho fatto scorrere nella mia mente alcune cose che avevo visto: un paio di baffi, una coda di cavallo, due gatti paffuti, dei fumetti, le risate delle zie, una cravatta e una pentola wok piena di pomodori, gamberi e calamari.

lunedì 5 dicembre 2011

Due cocker al guinzaglio

Allora ci sono queste due persone sedute al tavolo di un bar, all’aperto, in una giornata calda di agosto, a Roma. Davanti a loro, comodamente posato sul tavolino, c’è un piccolo posacenere di vetro, appena macchiato qua e là di cenere grigio-nera. Due paffuti cani fulvi, forse dei cocker, li guardano dal basso con le lingue penzoloni. Qualche cameriere si aggira tra i tavoli tenendo in equilibrio su una mano vassoi carichi di oggetti fragili. Temperatura: 28 gradi circa, tempo sereno e soleggiato. Alcuni cirri biancastri corrono veloci nel cielo azzurro evidenziatore.

giovedì 1 dicembre 2011

Una fetta di piede con marmellata

 
Porto il 46. Di scarpe, non che me lo porti in giro. Credevo che fosse un numero normale: in fondo, se sono alto 1 metro e 90 in qualche modo mi devo tenere in equilibrio su questo pianeta. A quanto pare, invece, c’è uno spettro che si aggira per l’Europa: un folto numero di stornzi a cui non  va giù che qualche altro loro simile possa indossare un paio di scarpe taglia 46. Anche perché loro, gente assolutamente non speciale, miseri portatori di taglie banalissime, non sanno che cosa significhi per noi acquistare un paio di scarpe: girare per giorni e giorni un numero spropositato di negozi, provarci pure dal gommista e in farmacia, per sentirsi dire inesorabilmente: “Mi dispiace, abbiamo solo fino al 45”, e doversi infine accontentare di scarpe simili a macchine per caffè, grandi e bitorzolute, simili a dei gessi con i lacci.