giovedì 3 gennaio 2013

Riflessioni della settimana, rubrica delle cose a caso





1.      Forse è una fissa degli americani, o forse è una cosa particolarmente divertente. Dopo che per l’ennesima volta i piccoli uomini che vivono dentro la TV hanno avuto lo sfacciato coraggio di ritrasmettere per la 562957200ma volta Mrs Doubtfire, mi sono reso conto di quante commedie americane hanno come fulcro centrale della storia un uomo che si traveste da donna (e viceversa, per esempio Funny Money o Victor Victoria). Basta guardare la lista delle 100 migliori commedie americane per averne la conferma: al primo posto c’è A qualcuno piace caldo, dove, come si sa, due musicisti si devono travestire da donne attempate per sfuggire ad un gruppo di mafiosi che vuole ucciderli. E al secondo posto c’è Tootsie, con un Dustin Hoffman in versione femminile. La lista potrebbe continuare, ma ci siamo capiti. Perché fa così ridere questa scenetta? È vero, i film americani (come anche le vecchie commedie di Plauto, che sono né più né meno identiche alle commedie cinematografiche/teatrali odierne o un po’ più addietro alle commedie di Shakespeare (in cui infatti i travestimenti uomo/donna ricorrono spesso)) vivono di macchiette, situazioni stereotipe e personaggi fissi. Il gioco della sessualità, il cambio d’abito, la distruzione o rimessa in discussione della dicotomia uomo-donna è uno dei temi centrali di ogni commedia di sempre. I commediografi (spesso più saggi dei filosofi o degli intellettuali tout court) l’hanno sempre capito e hanno sempre cercato di utilizzare il gender performativity per suscitare l’ilarità e la sovversione delle regole. A lungo andare, forse, smetterà di far ridere, perché avremo tutti imparato a giocare con la sessualità e i suoi mummifichi cliché.