mercoledì 5 dicembre 2012

La fine del mondo e il Ragazzino Al Dopobarba

Mentre cammino lungo il viale che porta all’università, tra piccole gocce di pioggia che si appiccicano sul mio cappotto, mi chiedo per quale motivo le poesie contengano quasi sempre riferimenti alla natura. Alla luna, alla terra, al mattino, alle albe, ai tramonti. Non parlano mai di detersivi, capelli, forbicine, schermi digitali, lampadine, penne, centri commerciali, cacca, asfalto, tarocchi, biblioteche, coca cole, gel igienizzanti o telefonini. La pioggia fa un rumore chiassoso quando si abbatte tra le cose, sembra una lavatrice ante litteram che lava tutto senza centrifugare. Dalle cuffiette del mio Ipod esce un pezzo di John Coltrane. Mi sembra di stare a Parigi, in uno di quei film in cui ci sono molte sigarette, solo bianco e nero e dialoghi brillanti. Dei bambini vanno a scuola, io faccio elenchi mentali. Di quello che ho fatto, di quello che non ho fatto, di quello che mi annoia, di future liste possibili.